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PERCHÉ PANI WISŁAVA CI PIACE TANTO?
di Luca Bernardini

        


    Della popolarità di Wisława Szymborska in Italia testimoniano sicuramente le nude cifre delle vendite: gli otto titoli pubblicati da Adelphi hanno venduto ben duecentomila copie, con il record delle 90.000 de La gioia di scrivere. Il successo è stato ininterrotto, dal momento che già Vista con granello di sabbia vendeva ben 38.000 copie, Due punti - 28.000, Basta così - 18.000. I dati sembrerebbero attestare una ricezione in primo luogo come autrice lirica, ma settemila copie di una raccolta di elzeviri (le Letture facoltative) dedicati in gran parte a libri non pubblicati in Italia e appartenenti a una tradizione letteraria spesso considerata distante, dimostrano come il successo di W.S. riguardi l'autrice nel suo complesso. Ora, una prima osservazione che si può effettuare a questo riguardo è sicuramente legata all'attività svolta da Pietro Marchesani non solo come traduttore, ma anche come divulgatore dell’opera di W.S. Prima che W.S. approdasse ad Adelphi nel 1998, l’editore Scheiwiller avevano ripubblicato per ben sei volte Gente sul ponte, e alla conoscenza della poetessa hanno contribuito sia il ponderoso volume della Nave Argo uscito per Adelphi nel 2008, sia l'esile volumetto Venticinque poesie pubblicato da Mondadori dieci anni prima, per non parlare del Taccuino d'amore uscito presso Scheiwiller nel 2002.    
    Un primo, apparente motivo per la popolarità "trasversale" di W.S. potrebbe consistere nel fatto che la poetessa non è mai stata percepita come legata a uno specifico polacco o "est europeo": già il traduttore Pietro Marchesani, a suo tempo, sottolineava questo elemento come quello che distingueva la ricezione di Wisława Szymborska dalla fortuna – ma meglio sarebbe parlare di sfortuna – riscossa presso l'ampio pubblico da autori come Czesław Miłosz o Zbigniew Herbert. Ma c'è un tratto ancora più importante dell'opera di W.S. che ne ha garantito la fama: si tratta di un'autrice la cui valutazione dell'operato umano sembra privilegiare, al giudizio morale, la critica di costume. Roberto Galaverni ha proposto di prendere a prestito da Giacomo Leopardi una possibile dicitura valida per il complesso dell'opera di W.S.: "Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli uomini" (1). Sempre lontana dalla sentenziosità gnomica, W.S. aspira felicemente alla condensazione anatomica del compte philosophique. Sembra che uno dei motivi del suo successo sia dovuto al fatto che la poetessa, agli imperativi morali del tipo "sii fedele", "vivi per rendere testimonianza" (2), abbia voluto privilegiare – all'interno di quelli che Galaverni definisce "dispositivi morali, esistenziali, fisici e metafisici" – un approccio empatico, capace di trasmettere la sensazione che "nulla impedisce che un giorno ognuno di noi possa trovarsi in quella specifica situazione, che quel sentimento, quell'abitudine, quel pensiero, siano anche, se non prima di tutto, i nostri". Il talento narrativo, spiegava W.S. in una delle risposte inviate nella Posta letteraria, "è la capacità di uscir fuori dalla pelle, l'abilità di riuscire a pensare come qualcuno del tutto diverso" (3). Da un punto di vista epistemologico, a prevalere nell'opera della poetessa è un atteggiamento costantemente congetturale, un tratto ipotetico, rispondente alle infinite possibilità in cui può concretizzarsi l'essere. Il vero "valore aggiunto"  della poesia di W.S. è sicuramente la possibilità di una sua lettura a più livelli. La sua poesia infatti "non  scava, non sforza, non spinge, non pretende" (sempre  Galaverni), ma nasce da un atteggiamento che può essere definito come "ricerca ecologica" di uno stato di pulizia, di purezza del pensiero e della sua espressione. Tanto in senso morale, quanto in senso epistemologico, appunto. Quella di W.S. è un'ecologia universale, umana, poetica. Uno stato di purezza dello sguardo che è una condizione indispensabile per l'ascolto. 

  La cifra di questa attenzione ecologica all'ambiente è la condensazione aforistica, la capacità di sintetizzare un più ampio ragionamento filosofico ed esistenziale in una breve illuminazione lirica. Il segretario Michał Rusinek nei suoi ricordi intitolati Nic zwyczajnego (Niente di ordinario) ci spiega la genesi della poesia Mała dziewczynka sciąga obrus: il segretario di Wisława Szymborska stava rispondendo al telefono quando la figlia Natalia, approfittando della momentanea assenza del padre, aveva afferrato la tovaglia stesa sul tavolo, facendo cadere sul pavimento tutto quello che vi si trovava: "Anziché dire «pronto?» gridai nella cornetta qualcosa di inarticolato. La signora Wisława – perché naturalmente era lei a telefonare – mi chiese che cosa fosse successo. Descrissi la situazione aspettandomi da parte sua almeno una minima espressione di compassione. Niente di tutto questo. Non da una poetessa. Sentii solo: «Sa cosa? È un buon tema per una poesia». E riattaccò (4). La poesia ha effettivamente visto la luce e si intitola (in italiano) Una bimbetta tira la tovaglia:

 

È da più di un anno che si è al mondo

e a questo mondo non tutto è stato studiato

e messo sotto controllo.

Ora sono sotto esame le cose

che non possono muoversi da sole.

[...]

Ma la tovaglia sul tavolo ostinato

– se afferrata bene per gli orli –

manifesta già la volontà di viaggiare.

 

e sulla tovaglia i bicchieri, i piattini,

la brocchetta con il latte, i cucchiaini, la scodella

addirittura tremano per la voglia.

 

È interessante,

quale movimento sceglieranno

quando ormai vacilleranno sul bordo:

un viaggio lungo il soffitto?

un volo intorno alla lampada?

un salto sul davanzale e di lì sull'albero?

 

Il signor Newton non ha ancora nulla a che fare con questo.

 

Guardi pure dal cielo e agiti le braccia.

 

Questo esperimento deve essere fatto.

E lo sarà (5).

           

    Il Newton che compare alla fine della poesia, per Czesław Miłosz – collega di Nobel, amico ed esegeta delle poesie di W.S. – è stupito, tanto quanto la bambina, dalla forza di gravità, al punto di conferirle la valenza di una legge, di un principio che non riguarda soltanto la fisica, bensì l'esistenza umana nel suo complesso: la legge dell'irreversibilità del rapporto tra causa ed effetto, ovvero il principio del moto unidirezionale del tempo. Tirando la tovaglia e facendo cadere tazze e bicchieri dalla tavola, la bambina comprende che ciò che è accaduto non potrà disaccadere, dal momento che il tempo, in forza di decreti insondabili, funziona in un’unica direzione. Miłosz crede che nello stupore della bambina si nasconda quel rifiuto del principio di necessità che sta alla base della filosofia di Søren Kierkegaard o di Lev Šestov, convinti entrambi che nella libertà divina sia insita anche quella di invertire il corso delle cose. In un crescendo di argomentazioni filosofiche, Miłosz arriva alla Leggenda del Santo Inquisitore contenuta nei Fratelli Karamazov, ai Dodici di Aleksandr Blok e all’opera di Simone Weil, svelando nel modo più naturale e convincente "come sotto l'apparenza di una poesiola innocente si nasconda un abisso in cui possiamo inoltrarci senza fine, quell'oscuro labirinto che – volenti o nolenti – dovremo visitare sul concludersi della nostra esistenza" (6). Ora, se può essere vero che anche il lettore più sprovveduto è in grado di accorgersi del potenziale filosofico compresso all'interno del testo, c'è anche da immaginare che sia grato a W.S. proprio per questa sua ecologica, estrema condensazione, una concisione che gode di risonanza e popolarità in un momento storico, artistico e culturale, orientato verso la sintesi, l'ellissi, il minimalismo espressivo: si pensi per esempio al linguaggio dei social media. Valerio Magrelli qualche tempo fa scriveva su «Repubblica» a proposito di una parola poetica che "suggerisce e illumina proprio per la sua brevità", e la cui forza – oggi – sembra essere strettamente legata alla sua natura "portatile, veloce, trasmissibile" (7). A riprova, è possibile segnalare l'occorrenza di un neologismo, coniato per l'appunto da una blogger  letteraria,  il termine "recesława", per definire le divagazioni su quei testi che – cito [errori di sintassi compresi: non me ne voglia l'appassionata blogger!] – "sembrano avere meno dignità – sono meno eleganti, meno fighi, meno complessi di molta altra roba che si vuole adatta a lettori colti e preparati – ma che potrebbe [sic!] avere qualcosina da dirci, o potrebbe diventare un buon punto di partenza per un’informale chiacchierata" (8).         

    Incertezze di italiano a parte, la chiarezza cartesiana dell’argomentare di W.S. sembrerebbe pertanto attagliarsi perfettamente all'universo comunicativo dei new media e alla sensibilità linguistica che questi hanno finito con lo sviluppare. E ho l'impressione che alle modalità comunicative di oggi si addicano in modo straordinario la cultura, l'erudizione (filosofica, artistica, letteraria), ma anche e soprattutto l'attenzione per il dettaglio quotidiano, per le piccole cose, per il testo marginale che W.S. ha sempre dimostrato. Quella di W.S. non è una cultura esclusivamente letteraria: era solita dire che i critici di poesia non leggono i libri di divulgazione scientifica o botanica, e proprio per questo non sono in grado di capire fino in fondo la poesia contemporanea. Ci spiega ancora la blogger letteraria: "Il perché di questo guazzabuglio di letture [si riferisce al carattere apparentemente eterogeneo dei testi scelti per le Lektury nadobowiązkowe. L.B.]  ce lo spiega proprio la siora Wislawa – nella recesława di un libro dedicato alla costruzione di un terrario –, a lei è «sempre piaciuto accumulare nozioni superflue. D’altra parte, come si fa a sapere in anticipo che cosa sia necessario e che cosa no?» (pagina 39). E anche questa me la segno, perché riesce a dare un senso a tante mie sconclusionate scorpacciate libresche". Messa in termini un po' più pedanti ed accademici, sembra evidente come una delle cause della popolarità di W.S. sia il fatto che nei suoi testi, lirici o in prosa, vi sia lo stesso afflato universale dell'enciclopedismo illuministico, e come questo l'abbia posta al sicuro dai ghetti identitari, dagli idoleggiamenti etnici, da quella etnolatria sbandierata da tanto romanticismo deteriore che oggi – all'est come all'ovest –  sta tornando rapidamente e tragicamente di moda, ma che di fatto, ci ricorda la poetessa, non si è mai estinta:

 

Religione o non religione -

Purché ci si inginocchi per il via.

Patria o no –

Purché si scatti alla partenza.

Anche la giustizia va bene all'inizio.

Poi corre tutto solo.

L'odio. L'odio.

Una smorfia di estasi amorosa

gli deforma il viso.

 

O, quegli altri sentimenti –

malaticci e fiacchi.

Da quando la fratellanza

può contare sulle folle?

La compassione è mai

giunta prima al traguardo?

Il dubbio quanti volenterosi trascina?

Lui solo trascina, che sa il fatto suo (9).

 

    Dell'atteggiamento congetturale, della fascinazione ipotetica, del salvifico dubbio così a lungo coltivati dall’autrice di Gente sul ponte oggi sembra esserci bisogno più che mai.

 

Milano, gennaio 2018

 

 

 

NOTE

 

(1) R. Galaverni, Le parole per dire "Non so", «La Lettura», supplemento del «Corriere della Sera», 25/11/2012, p. 18.

 

(2) Il traduttore di Wisława Szymborska, in una sua intervista rilasciata ad Anna Małyszkiewicz, sottolineava come – ad esempio – l'opera poetica di Zbigniew Herbert in Italia venisse percepita come "troppo moralista": "Non c'entra molto con la nostra cultura, ci sono poesie che dicono: 'sii fedele, va', 'vivi per dare testimonianza' [...] [Q]uella sua severità, quel suo moralismo, quel suo eroismo etico non c'entrano niente con noi". Cfr. La poesia non può essere amata per descrizione, Pl.It Rassegna italiana di argomenti polacchi, 2013, https://plitonline.it/2013/plit-4-2013-317-329-pietro-marchesani-anna-malyszkiewicz [consultato il 24/01/2018)].

 

(3) W. Szymborska, Posta letteraria ossia come diventare (o non diventare) scrittore, Libri Scheiwiller, Milano, 2002, p. 75.

 

(4) M. Rusinek, Nic zwyczajnego, Znak, Kraków, 2016. L'editore Adelphi ha in programma la pubblicazione di Nulla di ordinario per la cura di Andrea Ceccherelli, cui si deve la traduzione del passo.

 

(5) W. Szymborska, Una bimbetta tira la tovaglia, in La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), traduzione e cura di P. Marchesani,  Adelphi, Millano, 2009, p. 585.

 

(6) Cz, Miłosz, Szymborska i wielki Inkwizytor, in O podróżach w czasie, Wydawnictwo Znak, Kraków, 2010, p. 177.  La traduzione dal polacco è mia [L.B.].

 

(7) V. Magrelli, La rivincita della poesia, «la Repubblica», 4 marzo 2012, p. 45.

 

(8) https://gaialodovica.wordpress.com/2014/07/15/letture-facoltative-di-wislawa-szymborska/ [consultato il 28 /01/2018].

 

(9) W. Szymborska, L'odio, in La gioia di scrivere, cit., p. 507.

 




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