pagina del sito di Tèchne di Paolo Albani

ALCUNE TESTIMONIANZE
SU GIAN PIO TORRICELLI


UMBERTO ECO


Dall'interno del Gruppo [63, ndr] si avvertiva che, se la sperimentazione precedente aveva portato alla tela bianca, o alla scena vuota, si era arrivati a una svolta. Il non ultra citraque era certamente stato espresso dalla merda d'artista di Manzoni, ma il prodotto estremo del primo Gruppo 63 si era avuto quando nel 1968 Gian Pio Torricelli aveva pubblicato da Lerici Coazione a contare, in cui per una cinquantina di pagine [75 per l'esattezza, ndr] apparivano stampati in lettere alfabetiche, l'uno appresso all'altro e senza virgole, i numeri da uno a cinquemilacentotrentadue. Se a questo si era giunti, finiva allora un'epoca e doveva incominciarne un'altra.

Fonte: Umberto Eco, Il Gruppo 63, quarant'anni dopo, Conferenza tenuta a Bologna per il quarantennale del Gruppo 63, nel maggio 2003, poi come Prolusione, in AA.VV., Il Gruppo 63 quarant'anni dopo, Atti del convegno (Bologna, 8-11 maggio 2003), Bologna, Pendragon, 2005; ora anche in Umberto Eco, Costruire il nemico e altri scritti occasionali, Milano, Bompiani, 2011, pp. 137-168.

* * *

In un’intervista a Umberto Eco, pubblicata sulla rivista on line «Doppio zero» il 20 febbraio 2016, Marco Belpoliti a un certo punto chiede a Eco:

[Belpoliti] Quindi hai cambiato tecnica dai tempi del Gruppo 63?
 
[Eco] No, perché io non ho scritto romanzi sperimentali al tempo del Gruppo 63. Ma se non ci fosse stata tutta quella discussione non avrei probabilmente scritto. Mentre Manganelli e Sanguineti hanno visto Il nome della rosa come un tradimento dei principi del Gruppo 63, per me è stata la naturale evoluzione di un modo diverso di concepire la narratività. A un certo punto un poeta (minore) del Gruppo 63 ha fatto un libro, “Coazione a ripetere”
[a contare, ndr], ripetendo dei numeri per 200 pagine [come si è detto le pagine del libro di Torricelli sono in realtà 75, ndr]. È come l’arrivo alla tela bianca. Dopo non puoi andare oltre e devi tornare a dipingerci qualcosa.

Fonte: Marco Belpoliti, Umberto Eco. Come ho scritto i miei libri, «Doppio zero», 20 febbraio 2016.


GIORGIO MANGANELLI

[Sulle pagine de L'Espresso del 12 gennaio 1986, alle pp. 80-86, appare il reseconto di una conversazione fra otto scrittori, Daniele Del giudice, Angelo Guglielmi, Giorgio Manganelli, Alberto Moravia, Roberto Pazzi, Edoardo Sanguineti, Antonio Tabucchi, Pier Vittorio Tondelli. Il sommario del settimanale è questo: "Tutti li chiamano 'giovani scrittori': ma è una definizione che ha già suscitato, anche tra loro, molto polemiche. Cosa sono diventati negli anni Ottanta il romanzo, l'impegno, il pubblico, gli editori? 'L'Espresso' ha invitato otto protagonisti di diverse generazioni della vita letteraria a discutere il passato e il futuro della cultura italiana".
Durante questo colloquio, dopo un intervento di Roberto Pazzi che accusa il Gruppo 63 e la "vecchia neo-avanguardia" di "aver coperto la propria impotenza e aridità creativa con assurdi giochini sul linguaggio e sugli strumenti espressivi", prende la parola Manganelli]


MANGANELLI - "Ma cosa dice, Pazzi? Il Gruppo 63 non ha mai elaborato dei suoi precetti estetici. In realtà, mi si passi l'espressione, era un gran casino. C'era dentro tutto e il contrario di tutto: gente che barava e gente che non barava e perfino gente che contava i numeri da uno cinquemila [chiaro riferimento al libro Coazione a contare di Torricelli, ndr]. Ma contare da uno cinquemila non era mica obbligatorio per tutti".


Fonte: Giorgio Manganelli, La penombra mentale. Interviste e conversazioni 1965-1990, a cura di Roberto Deidier, Roma, Editori Riuniti, 2001, p. 166.


SEBASTIANO VASSALLI

[In un pamphlet contro l’Arcadia letteraria, dedicato a Dino Campana e a Gian Pio Torricelli, Sebastiano Vassalli individua alcuni Boschi Parrasio (Bosco Parrasio o Teatro degli Arcadi è stata la sede dell’Accademia degli Arcadi, fondata nel 1725): il primo Bosco Parrasio preso di mira da Vassalli è quello dei Novissimi (Nanni Balestrini, Alfredo Giuliani, Antonio Porta, Edoardo Sanguineti, Elio Pagliarani); il secondo è quello della cosiddetta «Scuola di Palermo» (Gaetano Testa, Roberto Di Marco, Michele Perriera, autori di La Scuola di Palermo, con prefazione di Alfredo Giuliani, Feltrinelli, 1963) nata sotto gli auspici del Gruppo 63; il terzo è quello del «Gruppo 70» (Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti) della poesia visiva ]

 

 Il quarto Bosco Parrasio si fa in Emilia («Malebolge» ecc.) ed è qui che l'Arkadia potrebbe ricevere, se volesse, gli apporti più consistenti; ma non vuole. - È, quello emiliano, il Bosco di Adriano Malavasi, cantore di «Lorante cavaliere errante» ed attualmente oste in Modena [Malavasi è autore, fra l’altro, di un libretto, O Babel, edito dalle Edizioni Geiger nel 1968; in un libro di Franco Guerzoni, Allucinazione portatile, pubblicato sempre dalle Edizioni Geiger, ci sono testi di Adriano Spatola, Sebastiano Vassalli e dello stesso Malavasi, ndr]; è il Bosco di Gian Pio Torricelli, internato per molti anni in un manicomio criminale: a lui e a Dino Campana queste pagine sono dedicate. Io ricordo di aver conosciuto Torricelli a Fiumalbo, nel 1967, quando godeva d'una sua piccola notorietà per aver fatto l'eco a Umberto Eco e per aver pubblicato con le vecchie edizioni Lerici un volumetto intitolato Coazione a contare: che partendo da uno, due, tre arrivava a quattromilanovecentonovantotto, quattromilanovecentonovantanove, cinquemila. Fine. Gli agenti della questura di Modena lo presero un giorno che stava seduto sulla «pietra ringadora» a fumare una malboro - così a me i fatti sono stati raccontati - e gli contestarono l'uso di sostanze stupefacenti (hashish). In galera diede in escandescenze: fu trasferito al manicomio criminale di Reggio Emilia, dove ebbe come difensore l'avvocato Corrado Costa, arcade del luogo.

(Interpellato da amici sulla sorte del Torricelli, alcuni anni dopo il fatto, pare che il Costa abbia detto: «Ora è più calmo», «Sta meglio»). È infine, il Bosco di Adriano Spatola, che credeva e forse ancora crede nella possibile esistenza di un Vate arcade. (Ma no, Adriano, ma no: ci sono solo capibosco e padrini, in Arkadia).

 

Fonte: Sebastiano Vassalli, Arkadia. Carriere, Caratteri, Confraternite degli impoeti d’Italia, Bergamo, Edizioni El Bagatt, 1983, pp. 12-13.




PATRIZIA VICINELLI

Frammenti di un’intervista di Giorgio Di Costanzo (Ischia) a Patrizia Vicinelli, in parte pubblicata su un giornaletto locale, nel marzo 1987.


… Più che la parola è il suono la radice dell’essere. Non è importante ciò che il poeta pensa, ma ciò che dice e fa. La persona è tutt’uno con l’opera. Non è possibile essere dei grandi creativi se non vivi creativamente rischiando. Dante, Artaud, Genet hanno avuto una vita difficile, dolorosa e in quache modo epica, avendo alla base un bisogno di eticità. La parola è verità assoluta da portare agli uomini che ne valuteranno l’autenticità…
… Quando Pound leggeva le sue cose c’era una tale tensione, pur non comprendendo i testi si veniva coinvolti emotivamente, a livello profondo, di coscienza. Questo stesso dono lo possedeva anche Ungaretti…
… Il Gruppo ’63 come movimento è chiuso definitivamente. Già nel 1967 molti scrittori smisero di scrivere, scegliendo un’attività di tipo politico, eravamo già nel ’68, oppure di meditazione, per quanto riguarda la scrittura. Fino al 1975 non è stato prodotto alcunché di nuovo, nemmeno Sanguineti né Pagliarani hanno pubblicato cose decenti…
… 10 mesi di galera in seguito al processo Braibanti. Fino all’80 ero “incastrata”. Ricorderai certamente il processo a Braibanti, in un clima liberticida, da caccia alle streghe, il “diverso” di qualsiasi specie è sempre stato perseguitato dal potere, fui arrestata nell’aprile 1968, qualche mese dopo la cattura di Aldo Braibanti e poi… una latitanza durata circa 11 anni, in Marocco, ma la storia sarebbe troppo lunga e complessa…
A Tangeri incontrai Vittorio Reta che venne apposta per conoscermi, era timido, introverso, con frequenti crisi depressive, lessi le sue poesie, mi sembravano un po’ immature, “grezze” (ammetto di essere stata allora un po’ rigida), riscrisse ben tre volte il manoscritto e poi… Nanni Balestrini lo pubblicò nel 1976 da Feltrinelli con il titolo: “Visas”, cioè visti, passaporti, ma anche cose viste. Mi dedicò il libro, ma dopo qualche mese, come ben sai, Vittorio si ammazzò con un colpo di pistola in bocca. Era nato nel 1947, aveva problemi esistenziali con la famiglia, mi telefonò due giorni prima… ero a letto, febbricitante.
… Per quanto riguarda i contemporanei non amo Antonio Porta, Roberto Roversi, Andrea Zanzotto, tanto per fare qualche nome; pur essendo famosi non li considero degni della fama di cui godono…
… Preferisco Emilio Villa, Edoardo Cacciatore, Nanni Balestrini, Amelia Rosselli, Giulia Niccolai ed anche Gian Pio Torricelli, anche se da tempo non scrive più, con lui sperimentai poesia fonetica (eravamo i primi), Giangiacomo Feltrinelli ci spronò a leggere in giro e così venne fuori il primo disco. Attualmente Torricelli vive, ignorato, a Modena.
… Questo proliferare di letture, festival, etc. da un lato è stato come se la poesia si affermasse come arte sublime, rendendola popolare, a livello di massa, si è un po’ dequalificata. Ci vuole più rigore, è prematuro il tempo della poesia per tutti, anche perché nelle scuole viene fatto di tutto, da parte degli insegnanti impreparati, perché i ragazzi odino la poesia.. Tanta gente, oggi, si improvvisa poeta, non è un fatto di scrittura essere poeta, ma forse esperienza di una certa qualità. Se riesci a sopravvivere a un tipo di esperienze che la gente non ha il coraggio di fare e se dopo tutto questo hai qualità linguistiche e creative che te lo permettono, ossia la tua cultura si può esprimere attraverso il linguaggio, sei un poeta. Non è dato a tutti. E’ come un destino, difficile da accettare. Quando lo accetti comincia la tua storia di poeta… Bisogna passare attraverso la poesia per arrivare ad essere uomini e vivere sempre, con tutte le proprie forze…
… Nel riflusso attuale, in questi momenti il poeta riesce ad esprimersi al meglio perché la funzione del poeta è quella d’interpretare il proprio tempo e lo fa sempre con un certo anticipo sui tempi reali. In un momento così chiuso creativamente i poeti autentici riescono a vedere i germi che questo porta. Il poeta in parte “fa” il mondo, aiuta gli altri a diventare persona, a prendere coscienza di se stessa e in questo senso ha un ruolo sociale importante…
“… Certamente non un poeta aulico, cantore infelice alla Leopardi, è irreale, non è più questo concetto retrivo, riduttivo, pieno di sé e dei suoi dolori… E’ più attuale come figurazione del poeta il maudit alla Baudelaire, Rimbaud e Lautréamont, o guerriero come Omero, mi sta bene anche Dante; amo i poeti che stanno dentro il mondo, che riescono a sperimentare i conflitti, sia nei problemi “assoluti” che in quelli contingenti…”
“… Nell’80 “Messmer”, un romanzo fiume, con un linguaggio violento e un ritmo molto sostenuto, ambientato in una non troppo lontana III guerra mondiale; la storia di una donna che cerca la propria coscienza, ancora in progress. 10 capitoli ognuno 10 cartelle. Attraversare il mondo dentro le manifestazioni di buio e di luce…
… Il poeta crepa letteralmente di fame… Non scrivendo canzonette attiriamo soltanto chi vuole un po’ di cultura… Dal 15 marzo su alcune tv commerciali ci sarà questo filmato in cui leggo una poesia futurista, in calzamaglia, per reclamizzare i prodotti sanitari della ‘Tenax’. lo scorso anno era toccato ad Arrigo Lora Totino… eravamo i più adatti…
… Sto lavorando in questi giorni, alla stesura di quattro quartetti con un titolo collettivo: ‘I fondamenti dell’essere’, divisi in: 1) Il Cavaliere di Graal; 2) Tempo di Saturno; 3) Eros e Thanatos; 4) Up and down. A proposito dei “Fondamenti”, Gianni Castagnoli curerà la direzione artistica per uno spettacolo tratto da quest’opera che verrà dato nella Chiesa di San Carpoforo, a Milano, il 4 aprile, con musiche di Giusepe Chiari… E poi mi piacebbe leggere le mie poesie nella tua isola, non ci sono mai stata e conto di venirci al più presto…




ARRIGO LORA-TOTINO

 

Nell’agosto 1967 a Fiumalbo, sull’Appenino modenese, Claudio Parmiggiani e il sindaco Mario Molinari organizzarono una mostra di manifesti, intitolata Parole sui muri, che richiamò un centinaio di artisti, noti e ignoti da ogni parte d’Italia. Molti espositori erano alloggiati in tende. Questo che segue è un brano tratto dalla sintesi dell’intervista rilasciata a Eugenio Gazzola da Arrigo Lora-Totino il 29 ottobre 2001.

 

 

Una sera, tornando dall'Abetone, Gian Pio Torricelli e Arrigo Lora-Totino trovarono una gran confusione dentro e fuori la tenda. La causa era un abitante del posto, un tipo gigantesco e forse ubriaco, che si era infilato nella tenda convinto che lì dentro si tenessero orge, suggestionato com'era dal fatto che vi dormissero insieme uomini e donne. Il tizio aveva anche dimostrato interesse per Patrizia Vicinelli e per la figlia di Henri Chopin. Cosicché qualcuno aveva tentato di reagire. E lo stesso Torricelli, appena arrivato, aveva subito preso le difese delle donne scagliandosi contro il tipo gigantesco, ma rischiando seriamente di essere strangolato. Le grida e la confusione richiamarono gente; arrivarono anche Spatola e il Sindaco, che riuscì a evitare il peggio convincendo il fiumalbino ubriaco a tornarsene a casa.

 

Fonte: Eugenio Gazzola, Parole sui muri. L’estate delle avanguardie a Fiumalbo, Reggio Emilia, Diabasis, 2003, p. 50.



Home page   Indice Torricelli e la coazione a contare