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Roberto Bolaño
GLI INVENTORI DELIRANTI


    La sinagoga degli iconoclasti è uno dei migliori libri di questo secolo. L'autore, Rodolfo Wilcock, è uno scrittore leggendario. Nato a Buenos Aires nel 1919 e morto a Lubriano, in Italia, nel 1978, fu amico di Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares. I suoi primi libri furono di poesie: Libro de poemas y canciones (1940), Los hermosos días (1946), Paseo sentimental (1946). A trentanove anni si stabilì in Italia e cominciò a scrivere in italiano. Del suo periodo italiano, il più ricco, vanno ricordati soprattutto il romanzo Il tempio etrusco (1973), le prose dello Stereoscopio dei solitari (1972), Il caos (1960) e Il libro dei mostri (1978), oltre a vari libri di poesie e teatro.

    La sua opera maggiore, però, è questa che ora esce in seconda edizione da Anagrama. La prima edizione fu pubblicata nel 1982. Quella che ho fra le mani è del 1999. Se confrontiamo le date della prima e della seconda edizione spagnola, il panorama che ne risulta è francamente desolante. La sinagoga degli iconoclasti, che in Italia uscì per la prima volta nel 1972, è senza dubbio uno dei libri più felici, più irriverenti, più umoristici e corrosivi di questo secolo. Debitore di Borges, di Alfonso Reyes e di Marcel Schwob, a loro volta debitori, alla maniera degli specchi deformanti, della prosa degli enciclopedisti, La sinagoga degli iconoclasti è una raccolta di biografie di inventori deliranti, avventurieri, scienziati e artisti. Secondo lo scrittore argentino Héctor Bianciotti, il libro può essere letto «come una commedia umana nella quale una collera amara alla Céline si nasconde sotto gag stile fratelli Marx». Non credo che sotto la prosa di Wilcock se ne stia acquattata una collera amara, né tanto meno una collera amara alla Céline. I suoi personaggi, quando sono cattivi, lo sono per eccesso di bontà, e quando sono buoni sono incoscienti e quindi temibili, non più temibili, però, di ogni altro essere umano. La prosa di Wilcock, metodica, sempre sicura, discreta anche quando tratta temi scabrosi o smisurati, tende alla comprensione e al perdono, mai al rancore. Dal suo umorismo (giacché La sinagoga degli iconoclasti è essenzialmente un'opera umoristica) non si salva nessuno.
    Alcuni suoi personaggi sono storicamente reali, come Hanns Hòrbiger, lo scienziato austriaco che propugnava la teoria delle lune successive e che ebbe come discepolo Hitler. Altri può darsi che lo siano, come quell'André Lebran che «è ricordato, modestamente ricordato, anzi non è ricordato per nulla, come inventore della pentacicletta o pentaciclo, ossia la bicicletta a cinque ruote». Alcuni sono eroici, come il filippino José Valdés y Prom, telepatico e ipnotista. Altri sono esseri di un'innocenza assoluta, ovverosia dei santi, come l'armeno emigrato in Canada Aram Kugiungian, reincarnatosi o trasmigrato in centinaia, forse migliaia di persone, fenomeno riguardo al quale «sempre rispose che non si provava nulla di eccezionale, anzi che non si provava nulla di nulla, tutt'al più un vago senso di non essere soli al mondo». Per non parlare di Llorenç Riber, regista teatrale catalano capace di portare in scena le Ricerche filosofiche di Wittgenstein e di esaurire a forza di crisi di nervi non solo i censori più brutali ma anche il suo occasionale pubblico. O l'inventore oriundo delle Canarie Jesús Piea Planas, padre del girarrosto tipo noria azionato da quattro tartarughe o della mutandina elastica ermetica per cagne in calore o della trappola per topi a cellula fotoelettrica e ghigliottina, da collocare davanti al buco. Sono trentacinque biografie che invitano a una lettura festosa, tutta da ridere, il libro di uno dei più grandi e più strani (con tutto ciò che di rivoluzionario ha in sé questa parola) scrittori di questo secolo, che nessun buon lettore deve trascurare.


Roberto Bolaño, «Gli inventori deliranti», in Tra parentesi, trad. it. Maria Nicola, Adelphi, Milano, 2009, pp. 292-294.

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